# Ore 4.30
Le sveglie dei due cellulari suonano contemporaneamente, una dolce, l’altra più allegra: siamo in piedi in pochi secondi, a differenza di tutte le altre mattine. Alle 6 in punto siamo tutti in fila per prendere il bus che dal paesino di Aguas Calientes ci porterà a Machu Picchu. Gasati, elettrizzati, eccitati, non la smettiamo di parlare, fare battute, farci selfie scemi, prenderci in giro e ridere, tant'è che passa più di un’ora e non ce ne accorgiamo. Ecco, è il nostro turno: saliamo sul bus n° 14 e via! La stretta strada sterrata si tuffa nella foresta tropicale e tra buche, curve e tornanti saliamo sempre più di quota. Tutte intorno a noi le montagne ricoperte di vegetazione rigogliosa ci guardano silenziose e immense, spingendosi oltre la foschia dell'alba. Non riesco a stare ferma seduta sul bus, mi giro in continuazione, faccio foto e video ballonzolanti con il cellulare, ma più che altro mi godo lo spettacolo che offre la valle dell'Urubamba con i suoi crinali e strapiombi.
Le sveglie dei due cellulari suonano contemporaneamente, una dolce, l’altra più allegra: siamo in piedi in pochi secondi, a differenza di tutte le altre mattine. Alle 6 in punto siamo tutti in fila per prendere il bus che dal paesino di Aguas Calientes ci porterà a Machu Picchu. Gasati, elettrizzati, eccitati, non la smettiamo di parlare, fare battute, farci selfie scemi, prenderci in giro e ridere, tant'è che passa più di un’ora e non ce ne accorgiamo. Ecco, è il nostro turno: saliamo sul bus n° 14 e via! La stretta strada sterrata si tuffa nella foresta tropicale e tra buche, curve e tornanti saliamo sempre più di quota. Tutte intorno a noi le montagne ricoperte di vegetazione rigogliosa ci guardano silenziose e immense, spingendosi oltre la foschia dell'alba. Non riesco a stare ferma seduta sul bus, mi giro in continuazione, faccio foto e video ballonzolanti con il cellulare, ma più che altro mi godo lo spettacolo che offre la valle dell'Urubamba con i suoi crinali e strapiombi.
# Ore 8.00
Si scopre pian piano... ma ecco, ci siamo. Sono davanti a una delle meraviglie del mondo moderno. Il cuore mi batte a mille, l’emozione mi sale dalla pancia al petto agli occhi, che si velano di lacrime. Non riesco a credere di essere veramente qui. Mi guardo intorno stordita, l’aria mattutina carica di umidità sulla pelle, il silenzio interrotto solo dal richiamo di qualche uccello nella foresta, la voce di mia madre che mi parla giunge da molto lontano. Per qualche istante sono solo io e quel meraviglioso pezzo di storia Inca.
# Ore 11.00
Prendiamo a malincuore il sentiero che indica “salida” (uscita) dopo aver percorso centinaia di gradini su e giù per le terrazze, lungo gli antichi sentieri Inca, intorno alle case, nel tempio del Sole e in quello del Condor, nella piazza principale e nell’osservatorio astronomico che ospita l’Intihuatana, il “palo per legare il sole”. Abbiamo scattato affascinati decine e decine di foto, ci siamo fatti foto a vicenda, anche tra sconosciuti: non ho mai visto tanti sorrisi e cordialità in un posto con tanti turisti.
Si scopre pian piano... ma ecco, ci siamo. Sono davanti a una delle meraviglie del mondo moderno. Il cuore mi batte a mille, l’emozione mi sale dalla pancia al petto agli occhi, che si velano di lacrime. Non riesco a credere di essere veramente qui. Mi guardo intorno stordita, l’aria mattutina carica di umidità sulla pelle, il silenzio interrotto solo dal richiamo di qualche uccello nella foresta, la voce di mia madre che mi parla giunge da molto lontano. Per qualche istante sono solo io e quel meraviglioso pezzo di storia Inca.
# Ore 11.00
Prendiamo a malincuore il sentiero che indica “salida” (uscita) dopo aver percorso centinaia di gradini su e giù per le terrazze, lungo gli antichi sentieri Inca, intorno alle case, nel tempio del Sole e in quello del Condor, nella piazza principale e nell’osservatorio astronomico che ospita l’Intihuatana, il “palo per legare il sole”. Abbiamo scattato affascinati decine e decine di foto, ci siamo fatti foto a vicenda, anche tra sconosciuti: non ho mai visto tanti sorrisi e cordialità in un posto con tanti turisti.
# Ore 15.00
Sul treno che da Aguas Calientes ci riporta ad Ollantaytambo, da dove proseguiremo per Cuzco e la fine del nostro meraviglioso viaggio iniziato 12 giorni fa. Come ogni cosa bella è finita troppo in fretta. Guardo scorrere dal finestrino del treno Inca Rail con carrozza panoramica i giganteschi alberi tropicali con le piante epifite sopra, le agavi, le felci e infinite altre piante di cui non so il nome. Le montagne si aprono un po’ per volta, seguendo il nastro spumeggiante del fiume Urubamba e regalandoci uno scorcio unico ad ogni svolta del binario. Ammiro affascinata il paesaggio tropicale lasciare gradualmente il posto alla ormai familiare vegetazione andina, un improbabile mix di piante del deserto, tropicali e di montagna. Mentre scrivo, cerco di dissimulare il dispiacere di stare lasciando un posto tanto meraviglioso, ma consapevole dell'immensa ricchezza che mi ha donato questo posto.
Sul treno che da Aguas Calientes ci riporta ad Ollantaytambo, da dove proseguiremo per Cuzco e la fine del nostro meraviglioso viaggio iniziato 12 giorni fa. Come ogni cosa bella è finita troppo in fretta. Guardo scorrere dal finestrino del treno Inca Rail con carrozza panoramica i giganteschi alberi tropicali con le piante epifite sopra, le agavi, le felci e infinite altre piante di cui non so il nome. Le montagne si aprono un po’ per volta, seguendo il nastro spumeggiante del fiume Urubamba e regalandoci uno scorcio unico ad ogni svolta del binario. Ammiro affascinata il paesaggio tropicale lasciare gradualmente il posto alla ormai familiare vegetazione andina, un improbabile mix di piante del deserto, tropicali e di montagna. Mentre scrivo, cerco di dissimulare il dispiacere di stare lasciando un posto tanto meraviglioso, ma consapevole dell'immensa ricchezza che mi ha donato questo posto.
La barchetta ondeggia pigramente sulle acque tranquille screziate di blu, bianco e oro, riflettendo il cielo, le nuvole e le isole. L’aria leggera e fresca mi accarezza il viso, il sole mi scalda il corpo. Mentre scivolo silenziosa su questo immenso specchio d’acqua incastonato a 3800 metri tra le Ande, scivolano via anche tutti i pensieri e le preoccupazioni . . .
Sono qui ed ora.
Sono qui ed ora.
Un cielo plumbeo ci accompagna sul piccolo motoscafo, che sfreccia ballonzolante sulle acque del Pacifico. Lasciamo la costa e le acque tranquille, dove colorati pellicani affollano isolotti di terra rossa, per dirigerci verso una delle maggiori fonti di reddito del paese. Le isole Ballestas, una riserva nazionale di 21 isole abitata esclusivamente da mammiferi e uccelli marini, permettono di raccogliere ogni anno circa ventimila tonnellate di guano, fertilizzante esportato in tutto il mondo. Il saluto della fauna locale in volo è, per l'appunto, una bella sventagliata di guano sulla testa!
Avvicinandoci alle isole, l'oceano ruggisce contro gli scogli, gli archi e gli anfratti naturali modellati dalle intemperie, facendo oscillare il piccolo motoscafo e sfidando i deboli di stomaco. Ma lo spettacolo è incredibile: ogni centimetro di roccia è ricoperto da uccelli, tanto che la superficie delle isole sembra muoversi, i leoni marini se ne stanno oziosamente spaparanzati e alzano a malapena la testa al nostro passaggio, i pinguini si muovono a gruppetti con la loro dolce impacciataggine, scivolano sui sassi bagnati rotolando sulla pancia, saltellano goffi e poi si tuffano finalmente nell'abbraccio spumoso delle onde. Andando via, piccole testoline di foche fanno capolino dall'acqua, come per salutarci (o tenerci d'occhio...).
Il loro regno è rimasto intatto.
Per ora.
Avvicinandoci alle isole, l'oceano ruggisce contro gli scogli, gli archi e gli anfratti naturali modellati dalle intemperie, facendo oscillare il piccolo motoscafo e sfidando i deboli di stomaco. Ma lo spettacolo è incredibile: ogni centimetro di roccia è ricoperto da uccelli, tanto che la superficie delle isole sembra muoversi, i leoni marini se ne stanno oziosamente spaparanzati e alzano a malapena la testa al nostro passaggio, i pinguini si muovono a gruppetti con la loro dolce impacciataggine, scivolano sui sassi bagnati rotolando sulla pancia, saltellano goffi e poi si tuffano finalmente nell'abbraccio spumoso delle onde. Andando via, piccole testoline di foche fanno capolino dall'acqua, come per salutarci (o tenerci d'occhio...).
Il loro regno è rimasto intatto.
Per ora.
Giganti di roccia svettano dagli altopiani andini, il paesaggio sembra rimpiccolire, lo sguardo corre a 360° e stordisce il visitatore. Sembrerebbero solo delle enormi montagne, ma poi si scorge la forma conica, o i resti di una caldera esplosa, e talvolta il pennacchio di fumo toglie ogni dubbio. Circondata da vulcani giganteschi e per niente dormienti, mi ammutolisco, insignificante di fronte a tanta potenza. La terra ha un lieve tremore, come a sottolineare che siamo solo un battito di ciglia nell’eternità.
Siamo approdati a questo paesino sperduto tra le Ande a 3.600 metri d'altezza dove il tempo sembra essersi fermato. Dalla "main street" si diramano stradine di terra battuta che si perdono nel nulla; passa qualche macchina sporadica, ma più spesso gli onnipresenti "tuc-tuc" che sfrecciano trasportando un po' di tutto, merci, attrezzi, persone.
Facciamo un giro nel polveroso mercato: sono tutti al lavoro, qualcuno mangia il suo pasto, qualcuno ci osserva come fossimo strani animali che hanno sbagliato strada durante le migrazioni. Ci sentiamo effettivamente un po' fuori posto, storcendo la bocca alla vista dei quarti di manzo, delle frattaglie e delle teste di animali lasciate con disinvoltura sui banconi poco puliti, alla mercé delle mosche. Mi siedo su una colorata panchina di pietra, poco interessata ai negozi di souvenir, e nel giro di pochi minuti arrivano saltellando due bambine: hanno delle coroncine di carta stagnola e giocano a fare le principesse. Mi coinvolgono subito nel loro gioco, facendomi vedere quello che hanno creato con le loro mani e parlandomi come fossi un'amica o la loro sorella maggiore. Le guardo con infinito affetto e cerco di dire loro, nel mio improbabile spagnolo, che sono bellissime. E poi, come sono arrivate, mi salutano e se ne vanno, senza smettere di giocare.
Prendiamo una cioccolata calda per allontanare il freddo pungente e torniamo in albergo, ma non prima di aver incrociato un toro con il suo padrone che se ne vanno tranquillamente a spasso per le strette viuzze dissestate e poco illuminate. Alzo lo sguardo al cielo ormai buio e la costellazione della Croce del Sud mi saluta scintillante, ricordandomi che sono effettivamente dall'altra parte del mondo.