Un anno fa mi godevo la fioritura dei sakura (i ciliegi giapponesi) al laghetto dell'Eur: gironzolavo tra gli alberi carichi di fiori fino a scoppiare e tra le centinaia di persone che, come me, si godevano la primavera all'aperto.
Oggi fotografo la bougainvillea e il gelsomino sul balcone, chiusa in casa da quasi venti giorni. La Natura se ne frega del coronavirus e anche delle nostre tribolazioni prettamente umane. Lei, nonostante le ferite che le infliggiamo di continuo, nonostante i soprusi ambientali che ci arroghiamo il diritto di compiere in nome del "progresso", Lei va per la sua strada, incassa i colpi, cambia strategia e ritrova il suo equilibrio, nel quale la nostra sopravvivenza potrebbe non trovare più posto.
La primavera, simbolo di rinascita e di ritorno alla vita, quest'anno sventola una bandiera di morte, disperazione e impotenza. È una prova alla quale non eravamo preparati, ma forse non così inaspettata. Ci siamo creduti invincibili e intoccabili, dietro il nostro denaro e la nostra tecnologia, ma tanto più in alto siamo saliti, tanto più forte è stato il botto della caduta.
La Natura si risveglia dal torpore dell'inverno e noi ci stiamo risvegliando dall'illusione che hanno creato le nostre società malate, corrotte, avide e piene di odio. Mentre sbocciano colori e profumi, le nostre anime spaventate si rendono conto, forse per la prima volta, che la nostra specie può essere spazzata via in un soffio, esattamente come abbiamo fatto noi estinguendone molte altre.
È una primavera di consapevolezza e di speranza. Speranza che le cose non tornino più sporche e ambigue come prima, speranza che quando ci guarderemo negli occhi i nostri cuori saranno sinceri, speranza che non dimenticheremo il tributo di sangue che stiamo pagando per la nostra scelleratezza e cecità.
Oggi fotografo la bougainvillea e il gelsomino sul balcone, chiusa in casa da quasi venti giorni. La Natura se ne frega del coronavirus e anche delle nostre tribolazioni prettamente umane. Lei, nonostante le ferite che le infliggiamo di continuo, nonostante i soprusi ambientali che ci arroghiamo il diritto di compiere in nome del "progresso", Lei va per la sua strada, incassa i colpi, cambia strategia e ritrova il suo equilibrio, nel quale la nostra sopravvivenza potrebbe non trovare più posto.
La primavera, simbolo di rinascita e di ritorno alla vita, quest'anno sventola una bandiera di morte, disperazione e impotenza. È una prova alla quale non eravamo preparati, ma forse non così inaspettata. Ci siamo creduti invincibili e intoccabili, dietro il nostro denaro e la nostra tecnologia, ma tanto più in alto siamo saliti, tanto più forte è stato il botto della caduta.
La Natura si risveglia dal torpore dell'inverno e noi ci stiamo risvegliando dall'illusione che hanno creato le nostre società malate, corrotte, avide e piene di odio. Mentre sbocciano colori e profumi, le nostre anime spaventate si rendono conto, forse per la prima volta, che la nostra specie può essere spazzata via in un soffio, esattamente come abbiamo fatto noi estinguendone molte altre.
È una primavera di consapevolezza e di speranza. Speranza che le cose non tornino più sporche e ambigue come prima, speranza che quando ci guarderemo negli occhi i nostri cuori saranno sinceri, speranza che non dimenticheremo il tributo di sangue che stiamo pagando per la nostra scelleratezza e cecità.
Laghetto Eur, Roma