In cima al Soratte, ad ammirare uno dei pochi panorami del Lazio a 360°: il sole mi accarezza il viso, il venticello carico dell’umidità dei giorni passati rende l’aria fresca e pulita, i pochi insetti risvegliati dal sole mi ronzano intorno scambiandomi forse per un sasso su cui posarsi e godersi l’inaspettato calore. Ogni tanto si sente un pettirosso o un richiamo di qualche altro uccello in lontananza. Laggiù in basso, oltre la soffice coltre di nubi che fatica ad alzarsi, s’odono, smorzati, i rumori della vita umana di un anonimo sabato di novembre.
Il silenzio, la pace, il panorama. E la solitudine.
Nessun vociare mentre salgo, solo i miei passi, il respiro affannoso e il tamburellare forte e regolare del mio cuore. Incontro diverse persone che, come me, passeggiano con se stesse o col cane, in silenzio, beandosi di questo immenso regalo naturale a due passi dall’assordante città. È bello scambiarsi un saluto, due parole, un sorriso e la stessa consapevolezza negli occhi: camminiamo in solitudine, ma non da soli.
Mi accorgo di non vivere più bene nel mondo "civilizzato": sono impaziente nelle strade affollate, mi sento soffocare sui mezzi pubblici stracolmi di gente, mi viene il mal di testa nei centri commerciali, non sopporto più i rumori forti, ma neanche quelli di pochi decibel. È un disastro.
Così mi inerpico in solitaria su un cocuzzolo, mi inoltro per sentieri di campagna, rincorro i torrenti per vedere dove portano, cerco di continuo nuovi posti dove passeggiare per qualche ora con me stessa godendo della natura e della sua bellezza.
Il silenzio, la pace, il panorama. E la solitudine.
Nessun vociare mentre salgo, solo i miei passi, il respiro affannoso e il tamburellare forte e regolare del mio cuore. Incontro diverse persone che, come me, passeggiano con se stesse o col cane, in silenzio, beandosi di questo immenso regalo naturale a due passi dall’assordante città. È bello scambiarsi un saluto, due parole, un sorriso e la stessa consapevolezza negli occhi: camminiamo in solitudine, ma non da soli.
Mi accorgo di non vivere più bene nel mondo "civilizzato": sono impaziente nelle strade affollate, mi sento soffocare sui mezzi pubblici stracolmi di gente, mi viene il mal di testa nei centri commerciali, non sopporto più i rumori forti, ma neanche quelli di pochi decibel. È un disastro.
Così mi inerpico in solitaria su un cocuzzolo, mi inoltro per sentieri di campagna, rincorro i torrenti per vedere dove portano, cerco di continuo nuovi posti dove passeggiare per qualche ora con me stessa godendo della natura e della sua bellezza.
Non ho paura di camminare da sola;
ho paura della cecità e dell’odio che stanno avvolgendo il mondo.
Non ho paura di camminare su sentieri che non conosco;
ho paura della vita finta "socialmente accettabile" che conosco.
Non ho paura di trovarmi un ragno tra i capelli o di graffiarmi con i rovi;
ho paura dei problemi di postura per le giornate intere passate davanti al computer.
Non ho paura del silenzio o di non avere niente da dire;
ho paura del frastuono artificiale di cui ci circondiamo per non sentire.
Non ho paura di restare quassù da sola, a guardare l’abisso che si apre sotto di me;
ho paura dei miei pensieri quando mi rendo conto che stiamo distruggendo la nostra casa
e io non posso evitarlo.
ho paura della cecità e dell’odio che stanno avvolgendo il mondo.
Non ho paura di camminare su sentieri che non conosco;
ho paura della vita finta "socialmente accettabile" che conosco.
Non ho paura di trovarmi un ragno tra i capelli o di graffiarmi con i rovi;
ho paura dei problemi di postura per le giornate intere passate davanti al computer.
Non ho paura del silenzio o di non avere niente da dire;
ho paura del frastuono artificiale di cui ci circondiamo per non sentire.
Non ho paura di restare quassù da sola, a guardare l’abisso che si apre sotto di me;
ho paura dei miei pensieri quando mi rendo conto che stiamo distruggendo la nostra casa
e io non posso evitarlo.
Monte Soratte