Ho vissuto un anno sott'acqua.
Mi sono disperata, intristita, arrabbiata, poi rassegnata e infine ho acquisito una nuova consapevolezza: la vita è cambiata. Per quanto possiamo essere ancora aggrappati a quello che consideravamo normale, tutti, in cuor nostro, sappiamo che niente tornerà esattamente com'era prima.
Ho vissuto un anno trattenendo il fiato.
Ho cambiato le mie abitudini, mi sono presa più cura di me, mi sono allenata, ho letto e scritto tanto, ho cercato di tenere la testa fuori dall'acqua. In questa catastrofe su larga e piccola scala siamo stati come naufraghi in un arcipelago, ognuno isolato sul suo pezzetto di terra. Qualcuno ha costruito una zattera e ha superato quella distanza, qualcun altro si è allontanato ancora di più, senza una parola.
Ho vissuto un anno in una bolla di sospensione, appena sotto il pelo dell'acqua.
Ho esplorato l'utilità e l'inutilità della tecnologia e ho capito che riflette molto bene la società che siamo diventati. Abbiamo confuso il mezzo con lo scopo. Ciò che avrebbe dovuto semplificarci la vita ci ha resi schiavi, e in questa cecità globale i rapporti umani sono stati ridotti a tanti cuoricini su Facebook e ai demoniaci gruppi Whatsapp.
Ho vissuto un anno in apnea, ma con gli occhi ben aperti.
Un anno che mi ha tolto molto, ma forse quello che ho perso non era poi così indispensabile. Le persone vanno e vengono, si allontanano e si avvicinano, qualcuno resta, qualcun altro staziona sulla porta. È il continuo cambiamento della vita e sto imparando ad accettarlo e a esserne grata.
Da domani si nuota in superficie.
Mi sono disperata, intristita, arrabbiata, poi rassegnata e infine ho acquisito una nuova consapevolezza: la vita è cambiata. Per quanto possiamo essere ancora aggrappati a quello che consideravamo normale, tutti, in cuor nostro, sappiamo che niente tornerà esattamente com'era prima.
Ho vissuto un anno trattenendo il fiato.
Ho cambiato le mie abitudini, mi sono presa più cura di me, mi sono allenata, ho letto e scritto tanto, ho cercato di tenere la testa fuori dall'acqua. In questa catastrofe su larga e piccola scala siamo stati come naufraghi in un arcipelago, ognuno isolato sul suo pezzetto di terra. Qualcuno ha costruito una zattera e ha superato quella distanza, qualcun altro si è allontanato ancora di più, senza una parola.
Ho vissuto un anno in una bolla di sospensione, appena sotto il pelo dell'acqua.
Ho esplorato l'utilità e l'inutilità della tecnologia e ho capito che riflette molto bene la società che siamo diventati. Abbiamo confuso il mezzo con lo scopo. Ciò che avrebbe dovuto semplificarci la vita ci ha resi schiavi, e in questa cecità globale i rapporti umani sono stati ridotti a tanti cuoricini su Facebook e ai demoniaci gruppi Whatsapp.
Ho vissuto un anno in apnea, ma con gli occhi ben aperti.
Un anno che mi ha tolto molto, ma forse quello che ho perso non era poi così indispensabile. Le persone vanno e vengono, si allontanano e si avvicinano, qualcuno resta, qualcun altro staziona sulla porta. È il continuo cambiamento della vita e sto imparando ad accettarlo e a esserne grata.
Da domani si nuota in superficie.